Buoni pasto 2017: i ticket sostitutivi del servizio di mensa aziendale spettano sia ai lavoratori subordinati assunti a tempo pieno che quelli con contratto part time, anche se durante l’orario di lavoro non è prevista la pausa pranzo.
Sono in tanti a chiedersi se hanno diritto ai buoni per il pranzo e a voler sapere quali sono le regole relative a importo e tassazione dei buoni da usare per l’acquisto del pranzo. Il 10 agosto 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto MISE che introduce, a partire dal 10 settembre, importanti novità. I lavoratori subordinati, part-time o full time, potranno spendere i buoni pasto non soltanto al supermercato ma anche presso agriturismi o locali predisposti alla vendita di prodotti locali di agricoltori e coltivatori diretti.
Ma cosa sono i buoni pasto e quando vengono dati al lavoratore?
Si tratta di un servizio sostitutivo della mensa aziendale: quando in sede di lavoro non è possibile usufruire del servizio di mensa, il datore di lavoro provvede ad erogare i buoni da spendere per il consumo del pasto in esercizi convenzionati. Per quanto riguarda regole e importo dei buoni pasto bisogna far riferimento al nuovo decreto MISE. Non cambia invece la normativa sulla tassazione, anche se ricordiamo che nel 2015 sono state introdotte importanti novità sulla tassazione prevista per i nuovi buoni pasto in formato elettronico così come previsto con la Legge di Stabilità.
A chi spettano i buoni pasto?
I i buoni pasto spettano a tutti i dipendenti pubblici e privati e anche per coloro che sono assunti con contratto di lavoro ad orario part-time e non possono usufruire del servizio di mensa aziendale. Per i lavoratori assunti con contratto di lavoro full-time i buoni pasto sono generalmente di importo compreso tra i 2 e i 10 euro e la funzionalità è quella di sostenere le spese di vitto e quindi del pranzo o della cena in strutture esterne convenzionate con l’azienda terza che emette i buoni pasto. I buoni pasto per i lavoratori assunti con contratto part-time vengono erogati invece secondo regole diverse e quando sussistono alcune condizioni, ovvero quando l’orario di lavoro copre la fascia oraria di pranzo o cena e quando la distanza tra casa e luogo di lavoro impedisce di consumare il pasto a casa. Quindi, se il dipendente assunto con contratto part-time termina il proprio orario di lavoro in concomitanza all’orario dei pasti avrà diritto a ricevere i ticket per il vitto. Ricordiamo che, come disposto con risoluzione del 30/10/2006 n. 118, la Direzione Centrale Normativa e Contenzioso dell’Agenzia delle Entrate ha disposto che “anche i lavoratori subordinati a tempo parziale, la cui articolazione dell’orario di lavoro non preveda il diritto alla pausa per il pranzo, ove fruiscano di buoni pasto, sono ammessi a beneficiare della revisione agevolativa di cui all’art. 51, comma 2, lett. c), del Tuir”.
Buoni pasto 2017: importo e novità
Per quanto riguarda l’importo dei buoni pasto, ognuno di questi può essere di 2 o di 10 euro e i dipendenti pubblici o privati possono spenderli presso esercizi convenzionati, ovvero recarsi presso bar o ristoranti convenzionati e pagare il proprio pranzo. La novità è che già dal 2017 i buoni pasto potranno essere erogati in formato elettronico. Non cambia però soltanto il formato e la modalità di utilizzo ma anche la tassazione prevista. Infatti, come disposto dalla Legge di Stabilità 2015, per i datori di lavoro che utilizzeranno i nuovi ticket accreditati su carta magnetica (simile a carta di credito o bancomat) e che si adegueranno al pagamento con POS è prevista una tassazione agevolata.
I buoni pasto in formato elettronico che vengono incentivati per il principio della maggiore trasparenza fiscale, saranno esentasse per un importo maggiore, passando dal massimo di 5,29 euro a 7 euro per buono pasto. Dal 2017, in sostanza, si potrebbe beneficiare di circa 400 euro in media in più da utilizzare per il servizio di mensa.
Buoni pasto 2017: tassazione
Come abbiamo affermato, i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente e, con il formato elettronico, i buoni pasto godono dell’esenzione fiscale fino all’importo massimo di 7 euro. Non sono quindi soggetti a Irpef, alla contribuzione obbligatoria Inps e l’azienda non dovrà più corrispondere i contributi previdenziali e le imposte sulla differenza di 1,71 euro.
Vediamo quali sono tutti i vantaggi e la tassazione dei buoni pasto elettronici:
Aziende: Iva al 4%;
Liberi professionisti: titolari d’azienda e soci, aziende individuali possono detrarre invece l’Iva al 10% e il 75% delle spese per un importo massimo pari al 2% del fatturato.
Persone giuridiche: Ires 100%. Possono detrarre al 100% l’importo dei buoni pasto sia elettronici che cartacei, secondo quanto previsto dalla Circolare Ministeriale n. 6/E del 3 marzo 2009.
Buoni pasto 2017: indennità sostitutiva di mensa
I buoni pasto 2017 possono anche essere erogati al lavoratore direttamente in busta paga: si tratta dell’indennità sostitutiva di mensa accreditata al lavoratore dipendente nel caso in cui nelle vicinanze del posto di lavoro non vi sia un esercizio convenzionato e che quindi il lavoratore debba provvedere autonomamente a preparare il proprio pasto. L’indennità sostitutiva di mensa fa parte della retribuzione erogata al dipendente ed è soggetta, per legge, sia alla contribuzione previdenziale che a quella fiscale. Fanno eccezione le indennità sostitutive corrisposte a quei lavoratori che svolgono prestazioni con carattere di temporaneità o discontinuità, come gli addetti ai cantieri edili, o le unità produttive ubicate in zone dove mancano servizi di mensa; in questo caso valgono le stesse regole per i buoni pasto.